10 febbraio 2008

Domenica 10 febbraio 2008

Matteo 4,1-11
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”. Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

1. Scrivono le cronache che il grande Carlo Magno entrò in un paese accompagnato dal sacerdote e dal boia: chi si faceva battezzare si accomodava dal sacerdote, chi rifiutava doveva andare dal boia. E dicono le cronache che il boia quel giorno staccò ottocento teste. Immaginate con quanta convinzione, quelli che la testa se la sono voluta tenere attaccata al collo, sono diventati cristiani.

2. I seguaci di Gesù hanno come tre dubbi, tre domande che vorrebbero fargli e che di fatto gli rivolgono senza riceverne mai una risposta definitiva, che li tranquillizzi per sempre: Chi è Gesù’? Qual è la sua identità? Con Lui vivono una vita di alternative inquietanti: ora fa un miracolo evidente e poco dopo appare impotente come loro. In certi momenti pare padrone del mondo e subito dopo sembra schiacciato dal potere politico. Chi è dunque Gesù? La seconda domanda è: Che cos’è questo regno di cui parla continuamente? È di questo mondo o verrà dopo, quando questo finirà? Dobbiamo cacciare i Romani o dobbiamo tollerarli perché il regno è qualcosa che può esistere anche in un territorio occupato? E finalmente la terza domanda: Dove andremo a finire? Che sarà di noi che ti abbiamo seguito? Non credo che i discepoli volessero sapere che succederà dopo la morte, ma capisci che vivere tre anni insieme facendo progetti senza veder nulla di concreto stancherebbe chiunque.

3. Il 30 gennaio sono 60 anni dall’uccisione di Gandhi. Fu ucciso con una pistola Beretta italiana da un fanatico indù per la sua apertura ecumenica agli indiani musulmani e la sua opposizione alla lacerante divisione della “madre India” tra indù e musulmani (il Pakistan). Riascoltiamo come seppe morire, preparato da tempo ad offrire tutto se stesso alla verità: «Prego costantemente di non provare mai nessun sentimento di rabbia verso i miei calunniatori; anche se cadessi vittima del piombo di un assassino, prego di poter rendere l’anima con il nome di Ram sulle labbra». Quando l’attentatore gli sparò, egli cadde invocando il nome di Dio: «He Ram». Anni prima aveva detto: «Una persona che ha rinunciato alla violenza dovrebbe pronunciare il nome di Dio a ogni respiro», ed egli lo faceva da più di venti anni, tanto che adesso il nome si ripeteva da sé anche durante il sonno. «Io sarò contento se, quando qualcuno venisse per uccidermi, potessi restare calmo, lasciarmi uccidere e pregare Dio che mi conceda di avere un buon sentimento per chi mi uccide»

4. In una piccola cittadina viveva un apikores (che all’interno del mondo ebraico significa, di volta in volta, “laico” o “miscredente”: lo si usa più spesso in quest’ultima accezione. Viene da Epicureus, seguace di Epicureo). Mangiava maiale, fumava di Sabato, andava in giro a capo scoperto: faceva insomma le nefandezze caratteristiche degli apikorsìm. Un giorno, sentì parlare del Grande Apikores di Vilna, e pensò di andarlo a trovare, per scambiare quattro chiacchiere con qualcun altro che aveva capito come andava il mondo. Arrivato nella città di Vilna, chiese al primo ebreo che incontrò dove potesse trovare il Grande Apikores. “Seconda a destra, poi dritto, in sinagoga”. “In sinagoga? Si sarà sbagliato!” pensò il nostro piccolo apikores; ma seguì l’indicazione e si ritrovò davanti al tempio. Chiese ancora, e gli confermarono che il Grande Apikores era proprio lì dentro. Con qualche titubanza entrò nell’immenso luogo di preghiera. Vide subito un grande tavolo illuminato, intorno al quale una dozzina di rabbini ortodossi erano infervorati in un’accanita disputa talmudica. Su tutti spiccava un vecchio possente, dalla lunga barba grigia, dai profondi occhi neri, che rispondeva e interrogava e guidava tutta la discussione. Chiese ancora e gli confermarono che sì, il Grande Apikores di Vilna era proprio quel vecchio così autorevole. Con un fondo di incredulità, gli si accostò e gli chiese: “Sei tu il Grande Apikores di Vilna?” Il vecchio si interruppe, lo riguardò un attimo e con voce profonda gli rispose: “Sì, io sono il Grande Apikores di Vilna”.“Anch’io sono un apikores, vengo dalla provincia e volevo fare due chiacchiere con te. Ma che ci fai qui?” Il vecchio domandò: “Tu non studi la Torà? Non discuti il Talmud?”.“Ma certo che no!” rise il nostro apikores. “Perché dovrei perdere il mio tempo con simili scempiaggini?” Il Grande Apikores di Vilna lo guardò fisso, poi proruppe: “Tu non sei un apikores! Sei un ignorante!”

5. In giapponese c’è una parola nuova, per riferirsi alla generazione di giovani che, senza proferir parola in casa, prendono dal frigo e si portano in stanza la cena fredda per consumarla davanti al computer o al televisore. E stata inventata la parola koshoku perché si usa di meno consumare i pasti in famiglia.
A Tokyo, nello spazio strettissimo di un chiosco per spuntini a basso prezzo, vediamo stressati dirigenti seduti stretti stretti, faccia alla parete, consumare con le bacchette un tazzone brodoso di spaghetti o grossi bastoncini al sapore di soia. Per contrasto, in un quartiere di senza tetto, alcuni anziani seduti in crocchio sul marciapiede condividono zuppa di avanzi e si riscaldano bevendo insieme il saké.
Un compagno gesuita, invitato in Brasile in un convento di clausura, fa colazione dopo la messa in una minuscola sala da visite provvista di piano girevole (per ricevere i pasti senza essere visti). Mentre beve un caffelatte nota che alcuni bambini della strada curiosano dalla finestra. Quando si gira a guardarli, si nascondono. Ritorna al suo caffelatte. Di nuovo i bambini si assiepano alla finestra e ridono indicando il sacerdote.Egli si alza infastidito e grida loro arrabbiato: “Non avete mai visto nessuno mangiare?”. Rispondono i bambini: “Da solo, no”.
Forse queste creature, per quanto alimentate male, sapevano che mangiare non è qualcosa che si fa da soli e di nascosto, come se fosse un nefando vizio solitario. Negli anni Cinquanta, c’erano delle cappelline nei pressi della sacrestia del seminario, piccole come cabine telefoniche. Lì, soli e con la faccia alla parete, una dozzina di sacerdoti dicevano ognuno “Messa in privato”, a voce bassa, alla stessa ora. Ma dal Concilio Vaticano II si è recuperato il senso conviviale dell’eucarestia, intorno alla tavola, condividendo la vita, la parola e il Pane di Vita. E terminava Gesù le parabole dicendo: chi vuol intendere, intenda.

6. I sogni sono fatti di tanta fatica, forse cerchiamo di prendere delle scorciatoie, perdiamo di vista la ragione per cui abbiamo cominciato a sognare e alla fine scopriamo che il sogno non ci appartiene più. Se ascoltiamo la saggezza del cuore il tempo infallibile ci farà incontrare il nostro destino. Ricorda: quando stai per rinunciare, quando senti che la vita è stata troppo dura con te ricordati chi sei. Ricorda il tuo sogno!
(Sergio Bambarèn da Delfino di nome Daniel)

7. Vincent van Gogh, al tempo in cui tentava di parlare di Dio ai minatori del Borinage, scrisse nel suo diario: “Il Dio dei parroci è morto, morto stecchito. Ma io amo e quindi vivo. Non voglio più dipingere Dio nelle cattedrali e nelle chiese; voglio dipingere Dio negli occhi lucenti degli uomini”
(E. Drewermann, Il Cielo aperto, Queriniana, pag. 242)

8. “Giovani, studenti, abbiate sempre rispetto per le opinioni altrui!” e giù battimani e ovazioni. Non credo che lo abbiano applaudito i teologi che ha condannato al silenzio e alla disoccupazione…Quello che è inconciliabile con la ragione e con la felicità individuale e del mondo è il dogmatismo e l’autoritarismo di ogni potere che si crede assoluto. Con questa religiosità dogmatica non c’entra nulla la “rivelazione” divina, a cui ci si ostina ad attribuire la nascita delle religioni monoteiste. Si tratta piuttosto di dottrine e sistemi culturali costruiti storicamente dagli uomini per garantirsi dominio e privilegi e perpetuarli nei secoli.