20 aprile 2008

Domenica 20 aprile 2008

Giovanni 14,1-12
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».

1 “Che tristezza pensare che tra le innumerevoli persone che hanno reso immortali i loro nomi nelle pagine della storia, il numero di coloro che hanno realmente influito sul vero benessere dell’umanità, sia così esiguo”
(Mariano Josè de Larra - 1809- 1837)

2. Ritornerò, dice, provocando nei discepoli un vuoto dentro, un’attesa che ancora oggi la Chiesa è chiamata a vivere con tutte le forze di cui dispone. “Dov’è finito Gesù?”, potremmo e forse dovremmo chiederci visto che da duemila anni nessuno lo ha più rivisto. Dov’è andato? A prepararci un posto, e quando tornerà, proprio lì ci condurrà, dove è lui. Sì, in molti si è convinti che quando si muore l’anima vola lassù, in cielo, ma non è quello il “posto” che intendeva Gesù. Il ritorno di Gesù, infatti, non corrisponde al venire della nostra morte, ma al giorno del morire della morte. Quel giorno il Signore ritornerà; la “nuova Gerusalemme”, che è “dimora di Dio con gli uomini”, scenderà dal cielo e “non ci sarà più la morte” (Ap 2 1,1-5). Là e in quel giorno, non prima, noi saremo nello stesso luogo in cui è anche lui (Gv 14,3), là “lo vedremo così come egli è” (lGv 3,2). Là ci sarà, ad aspettarci, “un’abitazione”, una “dimora eterna”, quella che ci è stata promessa e alla quale chi crede sospira desideroso A Filippo che taglia corto e gli chiede: “Mostraci il Padre e ci basta”, Gesù risponde rivelando quella che è forse la verità più difficile da accogliere: “Chi ha visto me ha visto il Padre”. A Filippo che vuole e desidera conoscere il Padre, fino a volerlo vedere con i propri occhi, Gesù dice: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?” (Gv 14,7-11). Gesù è via, verità e vita: nel senso che si vede e si ascolta Colui del quale ora non si ode la voce né si vede il volto (Gv 3,37). Certo, noi non possiamo vederlo come lo vedeva Filippo, ma è proprio per questo che ci è affidato il compito di continuare ad attenderlo in base a quello che egli stesso ci ha promesso dicendo: “Ritornerè e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Gv 14,3).Mai dimenticare che i primi seguaci di Gesù, ancor prima di essere chiamati cristiani, erano quelli della “via” (At 9,2), i seguaci di colui che ‘si definì ados, “la via” (Gv 14,6), quelli che nel cammino di ogni giorno mai cessavano di attendere il Signore che aveva promesso di ritornare presto in mezzo a loro (Ap 22,20).
(Daniele Garota)

3. Secondo «La Stampa» del 16-3-1963, i bimbi ormai «hanno tutto»: «Oggi il bambino non cammina più, è nutrito solo a biscotti, esige spremute e succhi di frutta. Va e torna da scuola in automobile, e in auto va ai giardini pubblici. Oggi il bambino è tenuto a freno con i dolci, l’automobile, le promesse, i regali divenuti delle piccole droghe che non hanno più effetto in un organismo completamente sa- turo. Un confronto con appena dieci-vent’anni fa, quando i bambini erano trattati come tali, ci farebbe rabbrividire». Sei anni più tardi la situazione risulta altrettanto drammatica: «Insieme con le suppellettili della consumistica di moda, anche il bimbo ben nutrito, ben vestito, coperto di regali, partecipa al processo di esibizione di ricchezza. Le farmacie sono diventate supermercati per la dieta e per la cosmesi del bambino. Il bambino diventa, ogni giorno di più, “un affare”: gli studiosi di ricerche di mercato concordano nel valutare il contributo diretto o indiretto del piccolo, cresciuto tra le su gestioni di “Carosello”» («La Stampa», 7-3-1969). Pochi mesi più tardi, nel corso dell’autunno caldo, la polemica anticonsumistica trova spazio anche nei comizi dentro le fabbriche: «Che c’entrano le sorelle Kessler col contratto dei metalmeccanici? ... Non possiamo più accettare che ci si rincitrullisca di caroselli, di pubblicità, di canzonette» (dal documentario In fabbrica della regista Francesca Comencini). Anche all’estero, nel cuore dell’impero capitalista, si levano voci autorevoli contro il mito della crescita. Ecco come si esprimeva Bob Kennedy il 18-3-1968, tre mesi prima della sua morte: «Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni... Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza, della nostra Poesia, la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio né la nostra saggezza né la nostra conoscenza né la compassione nè la devozione al nostro paese: Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta» (da Report, trasmesso da Rai3 il 16-3-2008).

4. “Dio non è il dogma che mi tiene in chiesa, ma la relazione che mi tiene in vita” (Pierangelo Squeri)

5. «Ciò che tu cerchi non lo troverai mai. Infatti, sulla terra non vi è nulla di eterno. Quando gli uomini sottoscrivono un contratto, essi fissano un termine. Ciò che oggi acquistano, domani lo devono cedere ad altri. Privilegi antichissimi si estinguono con il tempo. Fiumi che oggi sono gonfi e straripano, alla fine rientreranno nel loro letto. Quando la farfalla lascia il bozzolo, vive per un solo giorno. Tempo e stagione sono stabiliti per ogni cosa» (L’epopea di Gilgamesh).

6. Un giorno un medico mandò ad un suo collega una paziente accompagnandola con una lettera in cui aveva scritto: «A me pare che la povera donna non sia per niente malata, se non nella sua fantasia». A ciò il destinatario rispose: «La sua è una malattia molto seria, dal momento che è malata la fantasia, una facoltà importantissima nella nostra vita».

7. Quando Bernardino è studente, in Piemonte per punire i colpevoli si usano ancora tenaglie infuocate e si rompono le ossa ai condannati con le ruote. La pena di morte è inflitta per i delitti contro lo Stato, ma anche per la bestemmia, il furto di paramenti sacri o di oggetti domestici valutati oltre le 200 lire, il falso monetario, ai ladri al quinto delitto. Cinque anni di carcere ai vagabonti e agli oziosi. Tutto ciò mentre il trattato Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria, publicato trenta anni prima, stava influenzando le nuove generazioni, difendendo i diritti naturali della persona, dimostrando l’inutilità della pena di morte e della tortura e proponendo di affidare la giustizia a leggi chiare, condivise, che escludano ogni arbitrio da parte dei governanti e dei detentori del potere. Ma soprattutto il 24 agosto 1789 a Parigi viene pubblicata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. L’articolo 1 recita “gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei loro diritti”. Secondo l’articolo 2 “il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali…la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione”. E l’artivcolo 4 afferma che lòa “libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce agli altri”. In Piemonte solo le spese per la corte assorbono nel 1789 quasi il 25% di tutte le entrate statali.