1. “La perfezione è opera del cielo: perfezionarsi è il dovere dell’uomo”. (Confucio)
2. Gv14,15-21
"In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce, Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama, Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui."
3. Il liberale e anticlericale mite Urbano Rattazzi lo definiva «la più grande meraviglia del secolo XIX». Più acuto di Rattazzi, era stato il confessore di don Bosco a Torino, don Cafasso: «Se non fossi certo che lavora per la gloria di Dio, direi che è un uomo pericoloso, più per quel che non lascia trasparire, che per quel che dà a conoscere di sé. Don Bosco, insomma, è un enigma». L’antiagiografo deve tener conto dello straordinario responso grafologico del padre Girolamo Moretti, reso sulla scrittura del soggetto ignorando naturalmente di chi si trattasse. Il carattere di don Bosco è visto come volontà traboccante di piegare e di dominare, di raggiungere fini a qualunque costo, eccessiva scaltrezza in azione. Stupefacente è la conclusione del pio grafologo: «Il carattere del soggetto tende ad essere dominato da una insincerità cosi bene architettata da rovinare un’intera generazione ed essere così uno di quegli individui che sarebbe meglio non avessero mai aperto gli occhi alla luce. Si deve aggiungere che il soggetto ha molta facilità all’intenerimento sessuale, una spinta all’affettività di languore per cui, col complesso delle qualità descritte, metterebbe in azione ogni sforzo per colpire la vulnerabilità delle anime e piegarle ai suoi intendimenti morbosi». C’è un documento iconografico notevole di questa «affettività di languore»: la confessione davanti al Fotografo, in bella posa, del chierichetto Paolo Albera, tra altri preti e ragazzi. Don Bosco aveva voluto che gli poggiasse la fronte sull’orecchio. Questo intenerimento non andava che ai «giovanetti»; aveva un vero orrore del contatto femminile. Vedendosi una volta insaponare la faccia dalla moglie del barbiere, scappò via insaponato dalla bottega. Nessun santo ha lasciato, come ultime parole scritte di suo pugno, un pensiero così strano come don Bosco: «I giovanetti sono la delizia di Gesù e Maria».
4. La «grave malattia» a cui accenna don Bosco, fu una forma seria di esaurimento depressivo, che si protrasse fino ai primi mesi del seguente anno scolastico. Il cibo gli ripugnava, ed era prostrato da un’ostinata insonnia. Dopo parecchi mesi il medico consigliò riposo assoluto a letto. Vi rimase una trentina di giorni.
Riuscì a riprendersi in maniera curiosa, quasi incredibile. Sua madre, saputo che era a letto da parecchi giorni, arrivò portando un grosso pane di miglio e una bottiglia di barbera vecchia, commovente questa popolana. Le hanno detto che suo figlio è ammalato, e per i contadini la malattia è una sola, la denutrizione. Anche la medicina è una sola, nutrirsi bene. Sulle colline non si sa niente delle malattie dai nomi difficili e delle medicine sofisticate. E Giovanni sta al gioco. Non vuole che sua madre si senta umiliata dal rifiuto dei suoi doni. Prende un boccone di pane, un sorso di vino vecchio. E quasi senza accorgersene va avanti. A sorsi e bocconi il pane è mangiato, il vino bevuto. E alla fine arriva un sonno profondo «che durò una notte e due giorni consecutivi». Quando si svegliò, si sentì guarito.
5. "Oggi ci sono innumerevoli Ponzio Pilato che., lavandosi le mani e tutto, finiscono con l’essere sporchissimi".
(Albert Samain)
6. "Io in Dio ci credo e voglio vivere nella Chiesa, ma possibile che ciò comporti la rinuncia a pretendere che la ricchezza sia spesa in modo da assicurare un lavoro libero per tutti? Se i santi non sono adatti per questo mondo tienili nel chiostro e stacci anche te lontano dal fango politico. Può darsi che allora ti ci raggiunga anch ‘io attratto da questo distacco totale che vi farebbe diversi da tutto e tutti. Ma se ti chini su questa terra e ci additi degli uomini cui affidare la nostra sorte terrena fa che la loro santità risplenda in ogni loro atto, trasfiguri le loro leggi, suggelli di un sigillo divino inconfondibile e inimitabile il loro modo digovernare".
Via Piero confessalo, questo non è stato il volto dei governi che abbiamo espresso. È troppo chiaro che il governo non ha osato nulla che fosse segno di una fede nel Dio che aiuta i giusti, nel Dio che è Provvidenza per chi osa amarlo, per chi osa abbandonarsi filialmente nelle sue paterne mani. Piero ti prego, non mi rispondere che il governo fa quel che può, che è il meno peggio, che senza di lui chissà dove si poteva essere arrivati. Questi discorsi si possono fare a un politico, a un economista, a chiunque vive su questa terra per questa terra. Ma a un prete come sei te come sono io, non lo dire. Per un prete, quale tragedia più grossa di questa potrà mai venire? Esser liberi, avere in mano Sacramenti, Camera, Senato, stampa, radio, campanili, pulpiti, scuola, e con tutta questa dovizia di mezzi divini e umani raccogliere il bel frutto di essere derisi dai poveri, odiati dai più deboli, amati dai più forti. Aver la chiesa vuota. Vedersela vuotare ogni giorno di più. Saper che presto sarà finita per la fede dei poveri. Non ti vien fatto perfino di domandarti se la persecuzione potrà esser peggio di tutto questo? Girale una per una le parrocchie toscane. Va’ da quei buoni parroci che han donato la vita intera al loro gregge. Elenca loro uno per uno i nomi dei ragazzi del loro popolo, il nome degli uomini. Li vedrai diventar bianchi di pena e umiliazione: «Questo non viene, questo non vien più, questo veniva sempre, questo da che entrò in fabbrica...». Non son solo, Piero, siamo legione. Parroci armati fino ai denti? sconfitti da un nemico senz’armi”.
(Don Lorenzo Milani)
7. "Dovrei arrendermi a 30 anni come s’arrende un vecchio di 60 scoraggiato e scettico? Dovrei buttarmi soltanto alla preghiera anche per questo? Rimettermi soltanto all’azione dello Spirito Santo? Lo faccio, credimi, ma lo faccio col rimorso di chi sa che l’abito che porta non è quello della Trappa, ma un abito che impegna a cercare anche le vie terrene di portare la Grazia. Quando quattr’anni fa arrivò l’ordine d’essere severi coi comunisti io l’ho ubbidito. Per quel decreto mi sono lasciato odiare, abbandonare, disprezzare da tanti miei poveri figlioli. Non ho alzato un lamento contro il Papa perché sapevo che ha ragione.
Ma ora che son stato quattr’anni sulla breccia per lui. Ora che con tanta sofferenza ho chiarito ai poveri l’assoluto rifiuto del marxismo da parte della Chiesa e mia, e ci ho rimesso tanti miei figlioli, sangue del mio sangue, ora non voglio sentirmi dare del demagogo solo perché vo in cerca delle pecorelle smarrite. Voglio essere trattato alla pari dei missionari. Il Papa s’è fatto anche guerriero quando partiva contro i turchi con le navi. Perché i turchi devastavano il suo ovile. Impedivano, il suo ministero in oriente, la sua preghiera al Sepolcro. Ecco perché anch’io ho diritto di gridare contro il Baffi e il Governo. Non per il pane che strappano al mio bambino. Ma perché strappano i1 mio bambino dalle mie braccia. E son sacerdote anche proprio in quest’atto. E non ho deviato dalla tradizione apostolica e pastorale. Perché ho in mano la Pisside sola. Non l’ho deposta sull’altare. Non ho deposto la tonaca per correre sulle barricate. Nelle mie mani consacrate ho solo i Sacramenti. e coi piedi do una pedata a un ostacolo caduco che mi sbarra la strada."
(Don Lorenzo Milani)
8. "Quando ci sembra che la bellezza ha disertato il mondo, è segno che ha disertato anzitutto il nostro cuore".
(Georges Duhamel)